EDIT – A taste for sharing

A taste for sharing Turin / Italy / 2017

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CONCEPT


Lamatilde ha affiancato la famiglia Brignone nell'ideazione di un format innovativo nell’ambito del food&beverage che unisse nuove strutture lavorative come il coworking, il fablab e l'incubatore. Dopo la validazione del format, che ha visto la collaborazione dell'acceleratore The Doers, è stata avviata la progettazione degli interni e dell'identità visiva.

Il risultato di questo processo durato due anni e mezzo è Edit, un unicum internazionale nel suo genere che contamina i culinary incubator americani con le specificità innovative della cucina italiana e le potenzialità sperimentali della cultura brassicola. 2400 mq distribuiti su due piani, in cui il pubblico può decidere di diventare protagonista attivo noleggiando le attrezzature produttive professionali messe a disposizione.


DEVELOPMENT
L'intervento architettonico si è posto come obiettivo fondamentale il rispetto dell'eredità industriale dell’edificio che ospita Edit, unito allo sviluppo di varie e differenti aree in cui l'utente possa sentirsi sempre accolto e a proprio agio. Il carattere industriale è particolarmente evidente non solo nei laboratori a vista, ma anche e soprattutto nella scelta delle finiture brutaliste: cementizi in varie declinazioni, acciaio grezzo, zincato, inox o verniciato nero, peltro, tonalità in scala di grigio, il tutto ammorbidito dai dettagli in ottone, dalle superfici in legno di rovere, dai tessuti scamosciati, dai velluti e dalla vegetazione sospesa. Il concept visivo del kit esperienziale definisce invece il criterio che regola le geometrie superficiali. 


La percezione finale è di un luogo dall’ampio respiro che tuttavia non appare mai vuoto, in cui si possono vivere esperienze differenti ed eterogenee come gli spazi in cui vengono accolte, tutti accumunati da una rassicurante sensazione di comfort.
Edit rappresenta un unicum anche per quanto riguarda il design degli interni: tutti gli elementi fissi e gran parte di quelli mobili, infatti, sono stati realizzati in modo sartoriale appositamente per questi spazi come ad esempio il bancone della Brewery, che con i suoi 25 metri di lunghezza si afferma come il più imponente in Italia. Lamatilde ha seguito e coordinato l’intero iter esecutivo e allo stesso tempo diretto la produzione e i montaggi in cantiere.


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Bakery Cafè
Il visitatore che entra in Edit si trova di fronte a un salotto, posto di fronte alla Bakery Cafè. Un salotto industriale in cui la finitura cementizia è interrotta da un tappeto in doghe di rovere tagliosega e verniciatura epossidica nera, incorniciato e intelaiato da lame in ottone. Della vegetazione è posta sulla griglia metallica sospesa a soffitto, nel tentativo di rimpadronirsi del suo consueto ambito domestico. L'atmosfera è intima e accogliente; sui divani, sulle potrone in ecopelle scamosciata custom made e sui tavoli alti con i piani in rovere, l'utente trova il suo ideale third place, illuminato dalle Arco castiglioniane e avvolto dai profumi provenienti dal vicino laboratorio di panificazione. Le attrezzature e i processi lavorativi sono completamente visibili grazie alle ampie vetrate superiori, mentre la parte sottostante è rivestita in lastre in cemento retinato.


Reception
Da qualsiasi parte si entri in Edit non si può non scorgere l'ampia reception laccata rossa, cuore pulsante della struttura e crocevia dei percorsi orizzontali e verticali. La doppia altezza originaria del contenitore architettonico è qui finalmente visibile ed esaltata dall'installazione luminosa che attraversa e unisce i livelli, opera techno-poetry realizzata in collaborazione con Emanuele Lomello e Light Solutions. I 3024 circuiti del reticolo, ognuno con un Led per lato, sono direttamente controllabili in DMX, consentendo così infinite potenzialità di configurazione.


Brewery
L'impianto di birrificazione, progettato con innovative apparecchiature Simatec, è completamento visibile, a sottolineare la possibilità da parte dell'utente di affittarne le attrezzature. L'unico elemento di divisione tra gli addetti ai lavori e il pubblico è il bancone di quasi 25 metri su cui è possibile gustare le 19 tipologie di birre alla spina che giungono dall'alto attraverso le scenografiche tubazioni in acciaio zincato.
Il bancone è un unicum nella sua realizzazione: il piano rivestito in peltro è il più imponente mai prodotto in Italia (e non solo), mentre la base in cemento armato pigmentato nero riporta le decorazioni impresse dalle lamiere, lisce e bugnate a rombi, utilizzate come casseri. Anche qui materiali e semilavorati tipicamente industriali vengono rielaborati e finalizzati a un nuovo linguaggio visivo.


Servizi igienici
Un rivestimento in lamiera di ottone, microforata tramite punzonatura, caratterizza gli esterni del blocco delle toilette donandogli un'ironica espressività razional-secessionista. Le pareti e i pavimenti interni sono rasati con pasta cementizia color sangue di bue, al fine di ottenere una perfetta continuità e impermeabilizzazione. Le controsoffitatture che nascondono le macchine degli impianti sono in lamiera microforata nera.


Pub
La cucina del pub è raccolta in un volume puro, tagliato nella parte centrale da una lunga finestratura a nastro che consente la perfetta visione dell'operato dello chef e del suo staff. La rigidità del contenitore è smorzata dal rivestimento in lamiera ondulata microforata, funzionale a celare le lastre fonoassorbenti.
A fianco, una ampia vetratura retinata permette la percezione dei magazzini del birrificio; malti, fusti e bottiglie immergono ancora una volta il consumatore nei laboratori produttivi.
Lo spazio dedicato agli avventori è dominato dal lungo e articolato tavolo conviviale. Le doghe in legno di rovere emergono dal cemento per divenire componenti di panche, tavoli, luci e varchi e accogliere così oltre 60 commensali.


Vano scala e meeting room
Dalla reception per salire al piano primo è necessario percorrere i primi gradoni in legno, approdare sul bancone e da qui proseguire sulla scala in ferro grezzo cerato che avvolgendo prima l'installazione luminosa e poi la meeting room permette l'accesso al livello superiore. Questo sistema strutturale che coinvolge sia la scala sia la meeting room e attraversa il vano a doppia altezza è contraddistinto da un evidente linguaggio industriale, tanto da far apparire alcuni elementi ereditari dell'originaria manifattura. In particolare la sala riunioni, in bilico tra il piano primo e il vuoto, inganna il visitatore per una volumetria assimilabile a quella di un container. Uno sguardo più attento ne intuisce la pianta trapezoidale, accentuando così la prospettiva interna; ma arrivando ormai agli ultimi gradini l'attenzione è attirata dal dettaglio dei quasi 5 chilometri di catenina dorata che formano la tenda interna alle pareti vetrate della stanza sospesa, celandone in parte il contenuto. Sia il volume sia le sue finiture contrastanti sono così ironicamente in bilico: il primo dal punto di vista statico, le seconde per presunti criteri d'eleganza.


Cocktail bar
Salendo al piano superiore si ha subito la sensazione di un ambiente più raccolto e intimo, grazie al soffitto originario del contenitore architettonico, più basso e completamente annullato dalla colorazione scura.
Il blocco accoglienza in lamiere grezze e ottonate, la cantina dei vini e il bancone del cocktail bar delimitano il raffinato salotto disegnato dagli imbottiti Walter Knoll e dipinto dai delicati velluti Kvadrat. Il reticolo sospeso custom made dell'illuminazione con 70 terminali Led riproduce un'atmosfera soft e delicata.
Una stanza vetrata e refrigerata è adibita a cantina vini: le bottiglie sono sospese nell'intelaiatura realizzata con sottili tondini metallici, mentre gli specchi di fondo amplificano il profilo ipnotico del volume, quasi si fosse già inebriati dalla sola osservazione dello spazio.
Sono otto i metri di lunghezza del bancone del cocktail bar, in cui solide lastre in pietra nera incorniciano il motivo in lamiera grezza e lame d'ottone. Nella parte superiore i telai sospesi, sempre in ottone, sorreggono le sfere opaline illuminanti e gli specchi che consentono la visione della manualità dei barman anche a chi non è seduto sugli sgabelli Gubi di fronte al bancone.


Ristorante
Dirigendosi verso il ristorante, il visitatore avverte l'assenza di una netta divisione tra le due anime di quest'area. Dalle sedute informali del salottino, chiaramente più legate all'attività del cocktail bar, si passa ai lunghi divani in velluto nero su cui è possibile assaporare in tutto relax non solo drink. Il passaggio successivo sono gli intimi salottini in velluto giallo per quattro persone, in cui le lampade a sospensione Fabbian Polair rendono più esplicito l'omaggio allo Splugen Brau milanese dei fratelli Castiglioni.
Qui è già evidente il volume tecnico della cucina atelier che, attraversando le due aree del ristorante, porta al salone principale. Le attrezzature sono completamente a vista ed emerge l'imponente blocco cottura centrale della Ambach. Il filtro con gli ospiti, una parete in lamiera grezza e intelaiatura in ottone, è tagliata centralmente per permettere il servizio direttamente da parte dello chef, appoggiando le portate sul piano in rovere, lo stesso su cui i commensali possono assaporare il proprio pasto.
Nel volume del salone sono ancora più evidenti i ricercati attriti espressivi che caratterizzano in parte il progetto. Il pavimento è in doghe di rovere massello posate a spina ungherese, mentre le superfici restanti sono lasciate volutamente allo stato originario: le pareti in mattoni pieni e residui di intonaco, il soffitto in cemento armato grezzo. Un'opera dell'artista Paolo Amico illustra il manufatto industriale prima della riconversione. Due grandi specchi contrapposti, opere nate dalla collaborazione tra Labanto e l'architetto Marco Nascosi, inquadrano i quasi otto metri del tavolo conviviale con piano in liste taglio sega nere e inserti ottonati. Le sedie Calligaris Fifties in velluto rosso nobilitano l'evidente eredità manifatturiera. È un salone d'onore industriale quello in cui ci troviamo e l'atteso chadellier viene destrutturato in un nuovo reticolo di tubazioni con terminali Led, a ricercare un’illuminazione più tenue e uniforme.


Cucine condivise
L'altra metà del piano superiore è dedicata a un altro aspetto molto innovativo di Edit. Locali tecnici con celle frigo, dispense e spogliatoi, sono la base funzionale per un'adeguata attività di preparazione e cottura degli alimenti. Si tratta dei servizi necessari per il noleggio dei laboratori.
Sono quattro le cucine completamente attrezzate che gli utenti, operatori del settore alimentare, start up o semplici privati, possono affittare per usi professionali o semplicemente amatoriali.
Sono in parte vetrate sulla grande sala comune, che può divenire propaggine per un eventuale esercizio di somministrazione diretta. All'estremo di questo spazio flessibile si trova l'isola attrezzata per permettere le attività di show cooking. La pavimentazione della sala è in iroko industriale, le superfici verticali alternano telai in ferro nero e tamponamenti in lamiera bugnata a rombi, vetri rossi e vetrate apribili. Scenograficamente i laboratori si pongono quindi come dei set televisivi affacciati sulla grande sala polivalente da cui il pubblico può assistere agli show culinari.
È forse l'area più sperimentale dell'intero progetto, poiché ha l'obbiettivo di intuire le potenzialità della sharing economy in un ambito in cui ancora ha avuto poco modo di esprimersi.



Concept, interior e visual design
lamatilde (Michele Cafarelli, Enrico Maglione, Marco Nascosi, Elia Lamberti, Thomas Baistrocchi, Marco Ruffino, Cecilia Arata, Andrea Russo, Luca Macrì, Cinzia Bongino, Anna Oro, Ludovico Botalla Buscaglia)


Progetto architettonico
Studio Amirante
Studio Cattaneo (Paolo Cattaneo, Enrico Merola)

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    Project details
    • Year 2017
    • Work finished in 2017
    • Status Completed works
    • Type Bars/Cafés / Restaurants / Interior Design / Graphic Design / Recovery of industrial buildings
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