Valorizzazione e allestimento antico porto area Chiavichetta a Classe | Luca Farinelli

Classe / Italy / 2009

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CONCEPT. Il fascino di un sito archeologico si deve probabilmente in buona parte alla consapevolezza che quei luoghi hanno storie da raccontare e volti da mostrare. Immaginarli riesce, tuttavia, piuttosto difficile, presi come si è a tentare di riconoscere, in quei lacerti informi, muri, strade e colonne. Nel progetto di musealizzazione dell’area del Podere Chiavichetta ci si è posti dunque questi obiettivi. Partendo dal reintegro e ricostruzione delle emergenze rinvenute o deducibili, si è mirato ad assicurare la leggibilità e comprensione del sito; che ci si è spinti ad immaginare popolato di presenze, voci e attività. Sulla scorta di recenti esperienze di musei prestati al cinema, o viceversa di allestimenti creati ad hoc per essi (esemplari i casi del Louvre e di Venaria), si è pensato all’antico porto di Classe come a un suggestivo e originale set cinematografico. Il suo sonoro è diffuso da casse acustiche distribuite nell’intera area a restituire i “suoni della vita quotidiana” (voci, rumori delle officine, ruote di carri, animali…) che si immagina si svolgesse qui; e che viene restituita graficamente in grandi istantanee che circondano il sito lungo tutto il suo perimetro. Muovendosi in questa location, il visitatore, in una sorta di gioco virtuale, si muta da spettatore in attore, sino a divenire egli stesso il protagonista di questi luoghi. L’enorme bobina che si “srotola” attorno all’area è composta di enormi pannelli aventi l’aspetto di vele. Interrogandosi sull’eccellenza caratterizzante la zona da valorizzare (il suo genius loci) si è ravvisata l’importanza del porto- sia commerciale che militare- per lo sviluppo di una località che della Classis diviene sede per antonomasia. Simbolo della vocazione marinara della città in epoca bizantina al punto da divenire “logo” di un’ esposizione recente, è parsa appunto la vela. Che è risultata particolarmente versatile e adatta fungere da supporto da istoriare, oltre che a ricreare, con un impatto architettonico gradevole ma non invasivo, l’illusione del porto e dello skyline quale doveva apparire in antico; e infine a insinuare, in chi distrattamente transita per la via Marabina o la Romea, la curiosità e la voglia di accedere a questo museo all’aperto. Un museo all’aperto che, così concepito, offre a visitatori diversi – esperti e non, bambini e adulti- livelli di fruizione plurimi. Marcati da quote altimetriche differenti (che definiremmo “0” e “-1”) e da una spazialità esterna e interna rispetto all’area indagata, si sviluppano due percorsi di visita che sono altresì approcci e forme di conoscenza differenti: come l’uno è viaggio emotivo guidato da percezioni sensoriali e sostenuto dall’immaginazione di quel che avrebbe potuto essere, l’altro è visita razionale e documentata (grazie al supporto di un apparato comunicativo) delle evidenze riportate in luce, ovvero di ciò che effettivamente era. Da ogni punto in cui si trovi, il visitatore potrà abbracciare con lo sguardo tanto l’interno che l’esterno, e così integrare informazioni e sensazioni, luoghi e persone, reale e immaginario, come montasse tra loro le tracce di quel film di cui si trova ad essere anche attore e spettatore. Non si tratta, quindi, di due modalità di visione alternative o che si escludano a vicenda, ma che al contrario interagiscono e si sovrappongono l’una all’altra, e che si correlano ulteriormente al momento dell’approfondimento e della didattica: come unità stratigrafiche che nei loro reciproci rapporti restituiscano una complessità. Quel che si è cercato di confezionare è, in conclusione, una proposta museale accattivante, che abbracci trasversalmente un pubblico quanto più vasto possibile, e ne soddisfi le molteplici esigenze. Un luogo in cui possa essere sdoganato quel “timore reverenziale” spesso associato al termine “Museo”, e deterrente alla sua frequentazione. Si mira, perciò, a renderlo più facilmente accessibile prolungandone l’apertura anche in orario serale (a questo scopo si prevede un idoneo sistema di illuminazione); ma anche ad instaurare un dialogo tra questo spazio e il suo “contorno”, predisponendolo ad un utilizzo non strettamente museale in occasione di allestimenti, spettacoli performance, e rendendo i servizi connessi al museo (bar, bookshop, aule didattiche) fruibili anche a visitatori esterni, nella speranza che possano tornare a visitare il porto e le altre stazioni del Parco Archeologico. Questa è, infatti, l’altra rete in cui s’intende inserire la maglia del porto di Classe, una rete che si andrà intessendo con un lavoro di ricerca in fieri e attualmente allo stadio di cantiere aperto. Criterio imprescindibile di ogni scelta progettuale resta sempre il garantire, da un lato, il rispetto del patrimonio archeologico e dei vincoli legislativi che lo tutelano, oltre che del contesto ambientale ed urbanistico in cui si va ad intervenire, e dall’altro il rigore e la scientificità di ogni operazione. Seppur con quella <> cui il più autorevole dei manuali di scavo invita gli archeologi che si accingano a proporre ricostruzioni. E con la convinzione che un lavoro in tanta parte visuale (ovvero affidato alle immagini) offre la straordinaria chance di ricondurre la “Storia” alle sue radici e al suo significato etimologico di “Vedere”.

LA VISITA Due sono i percorsi di visita dell’area archeologica. La loro distinzione fisica tra “esterno” ed “interno” rispetto all’area indagata (distinzione marcata pure in senso altimetrico dal loro articolarsi nel piano di campagna e in quello di scavo) si carica pure di una valenza concettuale: giacché i due tracciati divengono, da un lato, quelli di una visita tra le evidenze materiali e concrete di pietre e mattoni- quasi a toccarli con mano- e, dall’altro, una passeggiata tra flash e suggestioni che solleticano la sfera emotiva e l’immaginazione del visitatore. Inoltre, se protagonisti del percorso interno a “quota -1” possono essere considerati i luoghi, il sentiero perimetrale esterno a “quota 0” è la sede della vita quotidiana e delle persone. I due momenti e modalità della visita, si intendono, tuttavia, comunicanti in un dialogo necessario e imprescindibile che li integra reciprocamente. Con un effetto amplificato dalla diffusione di suoni simulanti la vita quotidiana del porto, è come se, in un reciproco scambio di prospettive e punti di vista, i luoghi venissero animati e resi vitali dalle persone, e queste fossero contestualizzate e dotate di uno spessore spazio-temporale. I due percorsi sono diversificati anche visivamente, e disegnati con pavimentazioni differenti. Per quello esterno è prevista la posa di ghiaia su uno strato di fondazione drenante; quello interno, al contrario, è leggermente rialzato rispetto al piano di calpestio e si sviluppa su passerelle in legno che poggiano su una struttura d’acciaio e si interrompono in corrispondenza della strada basolata. La suggestione cui questa soluzione mira è l’evocazione delle banchine che, nei porti e nelle darsene, permettono l’accesso alle imbarcazioni. Completamente assenti nel perimetro esterno, pensato come viaggio soprattutto emotivo e dunque più libero e fluido, nel rettilineo e più rigoroso tracciato interno compaiono, invece, spazi attrezzati per la sosta e l’approfondimento. Il sentiero si allarga a generare piazzole, dove sedute posate in opera si alzano dalla piattaforma lignea della passerella e ospitano pannelli dedicati all’approfondimento didattico. In vista di un utilizzo più ampio dell’area del Podere Chiavichetta e di una poli-funzionalità del sito, si concepiscono tali piazzole come possibili “palchi” per ospitare spettacoli, conferenze, e manifestazioni.
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    Project details
    • Year 2009
    • Client Ravenna Antica
    • Status Competition works
    • Type Archaeological Areas
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