ACI: recupero ex sede di via Secchi, Reggio Emilia. Concorso a inviti. Progetto 3° classificato | Alberto e Giovanni Manfredini

con Andrea Manfredini Reggio Emilia / Italy / 2016

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Bibliografia:
2017 - Identità dell'Architettura Italiana n. 15, Diabasis, Parma, pp. 86-87
2018 - A. Manfredini, Architetture 1978-2018, Altralinea, Firenze, pp. 114-115


L'architettura della contemporaneità, in un contesto storico, deve essere “memoria del passato e presagio del futuro”. Per questo deve avvalersi dell' “economia dei mezzi tecnici ed espressivi” (l'unica condizione possibile nella società contemporanea), deve essere “architettura senza tempo” (che paia cioè sempre essere esistita), deve porsi in “continuità con la città” leggendo con attenzione il contesto per riproporlo.


L’approccio metodologico alla progettazione di questo intervento si riferisce strettamente sia al nostro modo abituale di fare architettura, sia a una serie di temi emergenti nell’attuale dibattito architettonico e urbanistico.
Innanzitutto il tema legato al significato di architettura “urbana”, come scena fissa delle vicende degli uomini, unito al tema dell’economia dei mezzi tecnici ed espressivi, in contrapposizione a un’architettura “gridata”, che cerca disperatamente le differenze, il brand e che finisce per esaltare la frammentazione della città. Il tema della cultura, e dell’architettura, come intrattenimento in contrapposizione a un’architettura silenziosa, non appariscente, fatta di segni necessari, cioè l’anima migliore della città europea in cui ci si possa riconoscere.
Indissolubilmente legato al precedente è il tema del costruire per la lunga durata, in contrapposizione al principio fondante della moda, che sta nell’identificare quell’effimero stato della cultura e della società noto come Zeitgeist e riproporne al mondo l’immagine in versione sartoriale. Il regno dell’economia e del mercato è il regno del tempo breve, mentre quello della costruzione della città è il tempo della durata, della capacità che idee espresse in modo fisicamente preciso hanno di offrirsi in futuro alle variazioni di uso e di significato, mantenendo, attraverso la qualità architettonica, un ruolo protagonista nella definizione dello spazio urbano.
Poi c'è un tema, legato per i suoi risvolti figurativi alla scelta di adottare solo segni necessari, che è quello della ricerca di una forma tettonica, enfatizzando il potenziale espressivo della tecnica costruttiva.
Queste ed altre considerazioni sono alla base della proposta progettuale, sia in relazione all’intervento di sostituzione della cortina edilizia su via Secchi, sia in tema di “restauro del Moderno” riferito all’ex sede ACI progettata da Gianni Boeri.
Il fronte nord del nuovo edificio su via Secchi ricerca un proprio ruolo “urbano” a partire dai concetti espressi e dalla lettura attenta del contesto e della preesistenza. L’attenzione ai temi energetici (involucro massivo ad elevata inerzia termica, super isolamento a cappotto, facciata ventilata, infissi altamente performanti) è volutamente non ostentata, ma celata dietro un linguaggio sommesso e atemporale. L’impaginato di facciata deriva dall’assemblaggio, secondo l’atavico schema trilitico, di elementi prefabbricati leggeri in GFRC fotocatalitico, piedritti e architravi, fissati meccanicamente alle retrostanti strutture. Il piano degli infissi è a filo interno, per accentuare la “tettonicità” dell’architettura che ne deriva, quasi laconica, solo attenta a ricoprire il delicato ruolo di quinta urbana.
Necessariamente diverso è il trattamento del fronte sud che, affacciato su una sorta di terrain vague, il piazzale totalmente asfaltato intitolato a Enrico Ferrari, consente una maggiore libertà nel cogliere le opportunità energetiche offerte dall’orientamento prevalente a mezzogiorno. In una logica attenta anche a eventuali futuri sviluppi dell’area, il fronte sud viene arricchito da uno spazio di soglia, in termini energetici una vera Buffer Zone, costituito da un atrio vetrato a tutta altezza, con funzioni di distribuzione generale e di spazio di relazione protetto, ma soprattutto dotato di un involucro di tipo ibrido (cioè sia “passivo” che “attivo”). La Buffer Zone è infatti in grado, durante l’inverno, di mitigare e bilanciare i disperdimenti termici dell’edificio grazie all’utilizzo degli apporti solari gratuiti, che penetrano nella serra addossata grazie alla bassa inclinazione della radiazione solare, riscaldando muri e solette che divengono accumulatori termici. Durante l’estate i raggi solari non penetrano più all’interno dell’atrio, grazie alla presenza dei frangisole a pale orizzontali continue, con inclinazione e passo atti a intercettare i raggi solari nelle stagioni più calde. Il rischio di surriscaldamento estivo dell’atrio è poi mitigato dall’attivazione di una ventilazione naturale, con effetto camino, ottenuta con aperture in basso a tutta lunghezza sul fronte sud vetrato ed espulsione in sommità da aperture apribili a tutta lunghezza sul fronte contrapposto nord. Il sistema “passivo” estate-inverno della Buffer Zone è arricchito da una potente funzione “attiva” della protezione frangisole dell’involucro sud: i frangisole longitudinali a pale e l’intera falda rivolti a sud sono ricoperti di moduli fotovoltaici con inclinazione di 30° (per quasi 150 mq nei frangisole di facciata e quasi 200 mq in falda), atti ad avvicinare il nuovo complesso alla autosufficienza energetica.
All’interno della Buffer Zone, in cui pure è presente la teatralità di una scena urbana, sul lato massivo è riproposta una architettura analoga al fronte su via Secchi. Ciò a salvaguardia della massima flessibilità interna. La scansione ravvicinata delle aperture, oltre a conferire un senso fortemente urbano al complesso, consente la massima libertà nella partizione interna degli ambienti, grazie alla presenza di due aperture per ogni modulo strutturale. In tal modo la flessibilità distributiva esi può attuare con il possibile frazionamento degli ambienti anche sulla base del mezzo modulo, di fatto moltiplicando le possibilità di organizzazione interna.
Le scelte architettoniche per il nuovo corpo su via Secchi evitano poi ogni forma di “competizione” con l’intervento “radicale” ideato da Gianni Boeri negli anni ’70, conservandone il ruolo da protagonista sulla scena di via Secchi. Tema delicato, in termini progettuali più squisitamente tecnologici, è rappresentato dalla necessaria riqualificazione energetica dell’involucro edilizio dell’ex sede ACI, senza snaturarne i caratteri architettonici, pure in questo caso fortemente tettonici. Il tema, assai intrigante, si pone nell’alveo delle teorizzazioni sul “restauro del Moderno” e diventa di oggettiva difficoltà soprattutto sul fronte sud, nel quale una serie di interventi spontanei e successivi di posizionamento di tendaggi di svariata tipologia, quasi frutto di casualità, hanno progressivamente denunciato una serie di problematicità legate al forte irraggiamento solare della facciata. Si propone un approccio progettuale Retrofitting, in grado di conservare la veste architettonica originaria del fronte, compresi gli infissi, i diversi dettagli e tutto l’apparato materico cromatico. Si propone la realizzazione di una facciata a “doppia pelle” verso l’interno, con la creazione di una intercapedine a tutta altezza, con ventilazione naturale regolabile stagionalmente con aperture in basso e in sommità, nuovi infissi interni arretrati altamente performanti, dotati di frangisole motorizzati a lamelle metalliche impacchettabili nello spessore di solaio. L’originaria facciata, liberata dai tendaggi oscuranti e schermanti incongrui, assume un nuovo ruolo di semplice Rainscreen Facade, ma vede restituito l’originario valore figurativo, legato all’effetto trasparenza giocato sul radicale dualismo ferro-vetro. In coerenza, anche gli interventi sul complesso del parcheggio vedono come prioritaria la restituzione di un’area di verde profondo proprio in corrispondenza di tale fronte sud, per consentire la piantumazione di un filare di alberi a foglia caduca, con ulteriore effetto frangisole e di mitigazione dell’ effetto “isola di calore” presente nell’area.
A quest’ultimo fine, per la riqualificazione ambientale del parcheggio di superficie, si prevede la realizzazione di elementi amovibili, sorta di “alberi” artificiali in tensostruttura d’acciaio con vegetazione rampicante, per la creazione di 10 zone d’ombra vegetale a mitigazione dell’isola di calore presente.
Sul sedime dell’antico Orto Margini, a lato di via Nacchi, si prevede la creazione di aree a verde pensile, eliminando i posti macchina che impediscono la corretta fruizione visiva dell’originario trompe-l’oeil sul muro affacciato a sud, ormai completamente dilavato nelle parti pittoriche, ma curiosamente ancora leggibile, in particolari condizioni di luce, nelle linee guida tracciate in origine sull’intonaco fresco. L'eventuale ulteriore fase, da predisporre successivamente in variante al POC consente, con la previsione di un autosilo interrato meccanizzato, di recuperare la originaria capacità di parcamento (circa 200 p.m.), di recuperare integralmente l' "Orto Margini", ma soprattutto di rendere totalmente a verde (sia profondo che superficiale) l'attuale parcheggio, con un sistema forte di percorsi pedonali, quale innesco, e garanzia, di un processo di vita di relazione. L' onere dell'autosilo è compensato con la possibilità di edificare (in più rispetto a quanto prevede il POC vigente) oltre 1.150 mq di superficie commerciale e/o terziaria al livello dell'attuale parcheggio inferiore, quale ulteriore "spinta" alla socializzazione del nuovo "luogo" ritrovato.

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    Project details
    • Year 2016
    • Main structure Steel
    • Client ACI di Reggio Emilia
    • Status Competition works
    • Type Parks, Public Gardens / Public Squares / Restoration of old town centres / Office Buildings / Showrooms/Shops / Urban Renewal
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