ARCHITOMIA

restauro e ristrutturazione di una casa colonica e suo ampliamento attraverso la progettazione di due nuove case indipendenti ad essa collegate Castelplanio / Italy / 2015

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Il progetto architettonico, di seguito descritto e presentato nella sua fase preliminare, è stato regolarmente approvato dal S.U.E. (Sportello Unico Edilizia) del Comune di Castelplanio, in provincia di Ancona - il Comune entro cui ricade l'intervento - con parere favorevole della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche regolarmente rilasciato.


Tuttavia, a causa di questioni private inerenti la committenza, l'intero progetto risulta al momento sospeso nel suo iter, e quindi nel suo concreto avvio e realizzazione. Pertanto risulta nei fatti vendibile.


Al momento, d'accordo con la committenza tutt'ora legittima proprietaria, si valutano proposte per una eventuale alienazione 1) del sito composto da 1 edificio rurale e dei suoi annessi e 2) dell'intero fondo agricolo su cui insiste. 


 


 


PANORAMICA DEL PROGETTO


Lo studio di progettazione architettonica GAME – nelle figure dell’architetto Gabriele Marinelli e dell’architetto Gabriele Cardarelli (firmatari del progetto), del geometra Carlo Marinelli e dell’ingegnere Cristiano Campolucci – è stato incaricato di elaborare in ogni suo aspetto un progetto di recupero (ristrutturazione e restauro) di un ex edificio rurale di loro proprietà (in disuso ormai da lungo tempo) al fine non soltanto di conservarlo come elemento specifico del paesaggio agricolo tradizionale, ma di renderlo nuovamente agibile nella sua totalità come futura residenza, nonché di progettarne l’ampliamento in base alle leggi attualmente vigenti (Piano Casa) attraverso una demolizione delle superfetazioni successive all’originale corpo di fabbrica e dei due annessi distaccati dallo stesso, adibiti un tempo a fienile e deposito (indicati nella tavola 0 dalla dicitura “PERTINENZE/ACCESSORI DELL’EX EDIFICIO RURALE IN DISUSO - vedi tavole 0, 1 e 2), e quindi della ricostruzione del loro volume – aumentato del 30%, in aggiunta al 20% del volume del fabbricato esistente da conservare – in nuova forma: lo scopo del progetto è allora quello di realizzare un unico edificio, accorpato però in tre unità abitative – di cui la principale (per storia, tipologia, posizione e volume) resta l’edificio esistente conservato e recuperato – collegate da un sistema strutturalmente continuo di pertinenze (due pergolati e un gazebo: una per ognuna delle tre unità abitative) aventi lo scopo di assicurarne l’unità formale e urbanistica.


 


STRUMENTI URBANISTICI


L’ex edificio rurale con il relativo fondo è localizzato nel comune di Castelplanio (An) in via Novali 12, in zona agricola. Attualmente è distinto al C.F. al FG. 12 mapp. 720 sub. 2-3 e al C.T. al FG. 12 mapp. 720-717-757-758-760.


 


STORIA GENERALE DEL FABBRICATO


La realizzazione dell’immobile in questione è databile grossomodo agli inizi del secolo scorso (presumibilmente agli anni Dieci), e, come molti altri immobili della stessa tipologia, fungeva sia da abitazione (il primo piano) che da deposito e “sede lavorativa” (il piano terra) ai fini della coltivazione e del governo del fondo su cui tutt’ora insiste. Come in molti altri casi simili della zona, probabilmente è stato così vissuto fin verso la fine degli anni Sessanta, per poi essere gradualmente svuotato della sua funzione abitativa (causa i vari mutamenti sociali ed economici dell’agricoltura marchigiana) e usato semplicemente come deposito di mezzi agricoli, fino al suo completo abbandono negli anni Novanta.  


E’ nel dopoguerra, durante il lasso di tempo tra gli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta che crediamo siano state aggiunte le due superfetazioni all’originale corpo di fabbrica, di cui parleremo successivamente.


 


DESCRIZIONE DELLO STATO ATTUALE DEL FABBRICATO


Il nucleo originario del fabbricato occupa al suolo una superficie lorda di circa 87 mq e si sviluppa per due piani fuori terra. Al piano terra troviamo i locali un tempo adibiti alla conduzione del fondo agricolo e probabilmente del bestiame (suini), poi ripostigli – sul lato est; cantine – sul lato ovest; salendo al piano primo, accessibile attraverso un ripido e malmesso corpo scala interno, posto in asse trasversale allo sviluppo longitudinale del fabbricato (nord-sud), troviamo le stanze della vecchia abitazione, il tinello con cucinino, un soggiorno, due camere, un bagno, un ripostiglio e un disimpegno.


A prima vista i caratteri architettonici del nucleo originario sono quelli comuni all’edilizia storica minore della zona: muratura portante in pietra e laterizio, solai in legno e pianelle, copertura a falde anch’essa con struttura lignea con orditura primaria e secondaria di travi e travetti e un manto in coppi semplicemente poggianti sulle pianelle. Ma entrando più nel dettaglio si notano ulteriori elementi caratterizzanti il fabbricato:


Involucro strutturale. Se intrinsecamente la struttura muraria portante del fabbricato non si discosta dalla tradizionale tipologia dei conci di pietra arenaria più o meno squadrata e dalle aggiunte dei laterizi/mattoni pieni nella tessitura delle pareti, è la composizione spaziale dell’involucro strutturale ad essere di per sé molto interessante, poiché presenta una particolarità che lo rende, se non unico, quantomeno speciale all’interno del panorama tipologico degli elementi specifici del paesaggio architettonico-agricolo-rurale marchigiano: non è semplicemente costituito dalla solita scatola muraria rettangolare ma da una sua interessante (architettonicamente parlando) variante. Di fatto il fabbricato è come se fosse il risultato dell’unione di due celle murarie di forma grossomodo rettangolare e allungata, una più dell’altra, collegate sul loro lato lungo a ridosso di un unico muro di spina posto in direzione nord-sud, l’una più grande (in pianta) sul lato ovest, e l’altra più piccola (sempre in pianta) sul lato est (nell’alzato sono pressoché identiche), con entrambi i loro lati nord allineati: in poche parole ciò determina semplicemente che l’angolo sud-est del fabbricato risulti libero, non compreso all’interno del perimetro delle murature portanti. In questo angolo ideale troviamo un grande pilastro/setto a “L”, in muratura piena intonacata, che sorregge l’orditura primaria e secondaria del tetto (a vista). Strutturalmente parlando, è evidente che tale pilatro/setto sia completamente scollegato dal resto del fabbricato, ad eccezione del tetto e di una trascurabile putrella in ferro – evidente aggiunta successiva – posta a metà altezza. E’ molto difficile risalire con certezza all’evoluzione storica di una tale articolata (per gli standard della zona) composizione architettonica, tuttavia resta il fatto che l’angolo sud-est è stato da sempre utilizzato come loggia-deposito esterno, prolungamento dell’ara (un tempo fulcro della vita contadina) al di sotto della proiezione del tetto e al riparo dalle precipitazioni. In più, le murature che separano e delimitano l’interno del fabbricato dalla loggia non hanno bucature né varchi di sorta: sono completamente cieche (se escludiamo una piccola asola – al momento tamponata – che dà sulla parte est del piano terra.


Solaio interpiano e copertura. Il solaio presenta evidenti problemi di natura statica: nella sua orditura è evidente lo stratificarsi di tutti gli interventi, anche minimi, che lo hanno interessato nel tempo. Originariamente costituito dalla tradizionale e semplice orditura primaria e secondaria di travi e travetti in legno, attualmente non poche di queste sue parti sono state sostituite (come rattoppi) da putrelle in metallo di vario genere e dimensione. Sopra l’orditura ormai ibrida troviamo ancora lo strato di pianelle, in certi punti non più agibili: il solaio interpiano è strutturalmente e architettonicamente compromesso. Presenta simili segni di vetustà la copertura, tradizionale tetto a doppia falda simmetrica (il cosiddetto tetto “a capanna”): dall’esterno la linea di colmo appare una linea completamente non rettilinea nelle tre direzioni, e per l’orditura primaria e secondaria vale il discorso fatto per il solaio interpiano: anche la copertura è irrimediabilmente compromessa; tuttavia i coppi – presumiamo originali – sono in discreto stato. Il tetto, in linea con l’autentica tradizione della casa rurale locale, non presenta evidenti e marcati cornicioni e/o spioventi, ma si limita a un leggero aggetto del coppo dal profilo del muro sottostante. Le linee di gronda, in metallo, sono rotte e inservibili.


Aperture e vani finestra. I vani delle finestre presentano dimensioni tra loro grossomodo uniformi al primo piano, di grandi dimensioni (circa 90 x 130 cm) considerate le dimensioni medie tradizionali, e tra loro al piano terra, più piccole. Al primo piano troviamo anche due tamponature, realizzate in fasi differenti, su due vani: uno completamente chiuso con materiale di riempimento pieno, pesante e staticamente importante (tanto che si nota la sua presenza solo dall’esterno: la “classica” finestra cieca); l’altro parziale, realizzato nella parte bassa, con materiale leggero tipo forati (scialbati), quindi di epoca più recente – entrambi i tamponamenti sono visibili sul prospetto ovest del fabbricato.


 Involucro di finitura. L’intonaco, composto calce e da sabbia e inerti di differente granulometria (nessuna parte chimica “moderna”) che ne determinano il cromatismo, presenta, soprattutto nei prospetti nord e ovest, evidenti segni di disfacimento, rigonfiamento e sbullonatura dovuti in particolar modo, oltre all’intrinseca vetustà dello stesso, all’azione dell’umidità e delle muffe che lo hanno attaccato annerendolo: ha una distribuzione a chiazze, e in diverse aree lascia scoperta la tessitura muraria di conci di pietra arenaria e mattoni dell’involucro strutturale. Versa in migliori condizioni sul prospetto sud e nell’angolo sud est, sia nel pilastro/setto che in quello interno alla loggia.


Superfetazioni e annessi. A questo nucleo originario appena descritto nei suoi tratti salienti, nel corso del tempo sono state aggiunte, come già accennato, diverse superfetazioni. Quelle che risaltano in particolar modo per forma, volume e colpo d’occhio (per disomogeneità di forma e materiale) sono due, addossate al fabbricato nei lati nord ed est (escluso il lato vuoto della loggia, che resta libero): qui sono state costruite due grandi tettoie, quella a nord realizzata su pali verticali in metallo (elementi prefabbricati) e sorretta da una grossolana orditura lignea, è in lamiera ondulata di metallo (ormai arrugginito); l’altra presenta un manto di copertura in coppi misti ed irregolari su di un’altra precaria orditura in legno misto a tavelle forate, poggiante su un pilastrino in mattoni e tre puntoni sbozzati in legno (praticamente dei pezzi di fortuna), tamponati tra loro da una fitta trama di cannucciata di fiume e reti metalliche romboidali.


 


SPIRITO E SCOPO DEL PROGETTO


Alla luce di quanto descritto è possibile anticipare i punti cardine del progetto: 1) nessuna demolizione e ricostruzione del fabbricato originale ma un completo ripristino delle sue funzioni abitative in chiave contemporanea attraverso un intervento di pura conservazione, assicurando al contempo la conservazione di quei valori tutelati dal provvedimento di dichiarazione di pubblico interesse (D.M. 31/07/ 1985) e senza pertanto compromettere gli elementi specifici del paesaggio tutelato (di cui il fabbricato stesso è parte); 2) demolizione delle due superfetazioni/tettoie addossate al fabbricato originario, in modo da “liberarlo” e riportarlo alla sua forma originaria, e demolizione dei due accessori (fienile e deposito) distaccati dallo stesso; 3) l’accorpamento di tutto il volume demolito e aumentato del 30% (demolizione e ricostruzione con Piano Casa) al fabbricato originario (corpo principale); 4) usare tale volume in aggiunta al 20% del volume del fabbricato originario restaurato per ampliare lo stesso attraverso la realizzazione di due nuove unità abitative identiche nella forma e nel volume, collegate ad esso da un sistema di pertinenze atto a garantirne la continuità strutturale, e quindi a mantenere la percezione fisica, paesaggistica, di un unico edificio, senza tuttavia comprometterne il profilo, l’impronta sul paesaggio e la sua valenza storica: il fabbricato originario – conservato e restaurato – resta predominante per immagine, impatto, altezza e volume fuori terra; e 5) queste due nuove unità infatti si sviluppano su tre piani totali, di cui uno interrato, uno seminterrato ed un altro completamente fuori terra: la scelta di lasciare la maggior parte del volume di abitazione seminterrato è finalizzata a far si che la percezione dell’osservatore identifichi ancora come principale il volume del fabbricato originario, mentre i volumi fuori terra delle due nuove unità abitative, di soli 5,00 ml x 7,90 ml che si sviluppano per un solo piano, non possono “competere” visivamente con il volume della preesistenza, che si sviluppa su due piani per un ingombro di circa 10,35 m x 8,60 m.


 


IMPIANTO GENERALE DEL PROGETTO


Come detto, l’intervento prevede la demolizione sia delle due superfetazioni/tettoie addossate al fabbricato principale che dei due accessori situati circa venti metri più a sud, verso valle. Il volume ricavato, aumentato del 30% e sommato all’ulteriore 20% del volume del fabbricato principale conservato e restaurato, oggetto dell’ampliamento, è appunto necessario all’ampliamento stesso e va accorpato al fabbricato originario, e si traduce nelle due nuove unità abitabili: unità abitabile 1 e unità abitabile 2, entrambe ampliamento e proseguo fisico – attraverso la struttura continua delle rispettive pertinenze, dell’originario fabbricato, conservato e restaurato, che d’ora in poi chiameremo unità abitativa 0.


Il volume fuori terra delle nuove parti ampliate (unità abitativa 1 e 2), seguendo e adattandosi all’orografia del terreno, si dispiegherà verso sud, verso valle, partendo (in questo caso il volume fuori terra dell’unità abitativa 1) in prossimità dell’unità abitativa 0, distante circa 4 metri e collegandosi fisicamente ad essa attraverso la struttura del pergolato di pertinenza appunto dell’unità abitativa 0. Articolandosi lungo il piano discendente del sito, l’ampliamento comporterà l’eliminazione di tre esemplari di olmo, di altezza circa 12 metri ed un tronco con sezione di diametro di circa 40 cm, che risultano attualmente in pessime condizioni in quanto colpiti, come del resto in tutto il territorio della penisola, da una malattia detta grafiosi, provocata da un fungo di origine asiatica, giunto in Europa intorno al 1920, che ne ha determinato la progressiva degenerazione e perdita parziale della chioma. Al fine di migliorare la situazione botanico-vegetazionale e ripopolare la zona da quanto tolto, nonché come opera di mitigazione dal punto di vista panoramico-paesaggistico, a fine lavori si provvederà a piantare 6 nuove piante (specie autoctona, propria del territorio) a sud del nuovo edificio, come si può vedere nell’elaborato grafico (tavola 0 e allegato C).


L’accesso all’area avverrà attraverso la strada già esistente, la quale verrà prolungata sotto costa e realizzata in macadam (spolverato) sul lato est rispetto all’edificio globale, per consentire il raggiungimento delle tre unità abitative ed il ricovero delle auto all’interno delle autorimesse di pertinenza delle due nuove unità abitative (1 e 2).


Riassumendo, come si può evincere dai fotoinserimenti (allegato C) e dalle tavole di progetto, l’intervento si integra perfettamente nel contesto paesaggistico locale valorizzandolo e riqualificandolo:


- in primis si va a recuperare un edificio tipico – e a suo modo unico – del territorio, valorizzandolo sia dal punto di vista funzionale (l’edificio è da anni in stato di abbandono e soffre della mancata manutenzione, che nel tempo potrebbe portare ad una seria compromissione delle strutture, anche verticali), sia dal punto di vista estetico-formale riportandolo alla forma originaria nell’eliminazione delle superfetazioni e rispettandone la “storicità” nell’andare – per quanto riguarda l’involucro di finitura esterno – a consolidare puntualmente i dissesti, escludendo come intervento la demolizione e rifacimento degli intonaci;


- secondariamente l’ampliamento del fabbricato originario, ossia le nuove unità abitative 1 e 2, risultano, sia da ovest che da est, mimetizzate dalla vegetazione esistente e dalle nuove piantumazioni: di fatto, come spiegheremo tra poco, le due nuove unità abitative emergono dal versante per un’altezza di un solo piano, quindi ripropongono, in maniera più ordinata, il complesso edilizio preesistente composto da tre volumi fuori terra, che nello stato di fatto erano fabbricato originario, fienile e deposito coperto, e nella nuova soluzione saranno il fabbricato originario conservato e restaurato/unità abitativa 0 e i piani fuori terra delle due nuove unità abitative 1 e 2 (osservare in particolare l’inquadramento territoriale satellitare con fotoinserimento presente sia nell’allegato C che nella tavola 0).


- la ricerca dell’unità formale di fondo dell’intervento ai fini dell’ottenimento di un unico edificio sul territorio, sottolineato dalla dislocazione delle nuove unità abitative e dal loro adeguamento all’orografia del suolo, dal sistema delle pertinenze e in particolar modo anche dall’andamento avvolgente (si veda la planimetria generale di progetto) dei muri di contenimento a secco con conci di pietra arenaria, funzionanti a gravità (senza opere in c.a. che blocchino il naturale defluire delle acque di superficie), che organizzano altimetricamente il sito caratterizzandolo paesaggisticamente in maniera naturale e infine il più possibile non invasiva.


 


INTERVENTO E PROGETTO DEL FABBRICATO ORIGINARIO/UNITA’ ABITATIVA 0


Sommariamente si andrà a perpetrare una ristrutturazione volta a:


-       eliminare i rischi di carattere strutturale dovuti alla vetustà dell’immobile, creando un sistema di sottofondazioni, consolidando le murature portanti, che comunque appaiono in buono stato, demolendo e ricostruendo i solai, sia di interpiano che di copertura;


-       assicurare un miglioramento sismico delle strutture dell’edificio. A tal scopo sono previste puntuali riparazioni delle murature portanti nelle porzioni degradate e/o lesionate, il riordino delle aperture in funzione delle porte e finestre esistenti;


-       depurare, come detto, dalle superfetazioni esterne, cioè le due tettoie, una sul lato nord, l’altra sul lato est della casa, per riportare alla forma geometrica originaria il manufatto.


-       recuperare l’involucro esterno con un atteggiamento di conservazione delle qualità materico-estetiche, quindi andando a consolidare e recuperare quanto possibile attraverso interventi puntuali.


-       praticare due nuove aperture sulle pareti portanti perimetrali (vedi tavola 2) dotate delle necessarie opere di consolidamento in acciaio (cerchiature) atte a ristabilire e migliorare la portanza del muro stesso, in funzione della nuova organizzazione degli spazi interni della casa;


Gli interventi previsti infatti sono anche finalizzati al cambio di destinazione d’uso del fabbricato principale/unità abitativa 0: al piano terra verrà collocata la zona giorno, un antibagno e bagno condiviso, e una camera doppia; al primo piano avremo un’altra camera doppia, una singola, un antibagno e bagno condiviso e un salotto su soppalco (aperto sulla zona giorno del piano terra).


Pura conservazione. In generale tutti gli interventi previsti, di seguito specificati, sempre restando nell’ambito della pura conservazione, tendono a mantenere – specificando: ove possibile - i caratteri dell’edificio rappresentativi del linguaggio architettonico e delle tradizioni costruttive locali. Dove ciò non sia possibile e/o praticabile si proseguirà concettualmente sempre sulla strada della pura conservazione, che intende il progetto di restauro un progetto a tutti gli effetti e quindi prevede l’innesto di forme, dettagli, materiali e soluzioni “contemporanee” (proprie della fase storica in cui questo nuovo intervento viene fatto) atte a sottolineare e rimarcare ulteriormente la “storicità”, in divenire temporale, del manufatto stesso, e quindi a non mummificarlo in uno stato di tempo sempre uguale a se stesso, che mai passa.


Involucro di finitura. Il trattamento dell’involucro esterno concettualmente si richiama ai principi del restauro della pura conservazione, presupponendo che l’identità storica del fabbricato non sia legata unicamente ai suoi aspetti morfologico-geometrici, che verranno ripristinati e che ne tradiscono il periodo di costruzione e l’utilizzo, ma anche alla sua “pelle”, che testimonia il trascorrere degli anni, il susseguirsi delle problematiche ed il progressivo degrado. Come non rischiare di creare un falso? Come si può cercare di non ingannare o confondere l’osservatore che si trova di fronte al manufatto ristrutturato? Sicuramente evitando le demolizioni dell’intonaco ove non strettamente necessarie, andando a privilegiare gli interventi di ripristino, consolidamento dell’esistente attraverso iniezioni di resina e restauri puntuali e nel rispetto, previa eliminazione delle eventuali cause del degrado e pulizia delle superfici compromesse, della “patina” che distingue un immobile dell’inizio dello scorso secolo e che esteticamente vuole rimanere tale dal frutto di una “fedele ricostruzione” di stampo speculativo, di cui abbiamo innumerevoli esempi nelle campagne marchigiane.


Vani finestra e infissi. I vani finestra esistenti non verranno alterati; verrà solamente rimossa la tamponatura leggera alla base di una finestra sul prospetto ovest (vedi tavola 2). Gli infissi saranno costituiti – possibilmente – da finestre tutto vetro a filomuro interno, con telaio a scomparsa dietro il profilo della parete, in modo da lasciare visibile dall’esterno solamente il vetro – e l’asola originaria; in alternativa si adopereranno infissi con telaio in legno. Eventuali sistemi di chiusura ed oscuramento (scuri) saranno realizzati in legno, come da tradizione. Dove nello stato di fatto abbiamo la loggia aperta e coperta allo stesso tempo, ora si cercherà di mantenere tale peculiarità spaziale andando a tamponare questo spazio d’angolo con porte-finestre scorrevoli e apribili per metà, e a tutta altezza, che consentano di percepire questo spazio ancora totalmente aperto come originariamente, ma allo stesso tempo con tutte con le qualità di un confortevole e contemporaneo spazio (potenzialmente) chiuso. Il sistema di schermatura e ombreggiamento solare di tali vetrate consiste in pannelli avvolgibili a rullo in cannucciata di bamboo, resistenti agli agenti atmosferici. Tale scelta è stata suggerita dalle vecchie tamponature delle superfetazioni destinate a demolizione: sia nella tettoia sul lato est del fabbricato originario sia nei vuoti del telaio degli annessi distaccati infatti erano presenti tamponature di fortuna realizzate con cannucciata fluviale. Il nostro progetto prevede il mantenimento di tale elemento significante del paesaggio rurale sotto forma di reminiscenza d’immagine, rielaborata ovviamente con la tecnologia contemporanea. La loggia presente a sud-est – ora spazio permeabile, sia chiuso che aperto, sarà oggetto di consolidamento statico attraverso la cordolatura con travi d’acciaio, che renderanno il muro a L, ora isolato rispetto alla struttura scatolare della casa, solidale ad essa.


Solai e copertura. I solai contro terra verranno rimossi e sarà creata, a livello di fondazione, un’intercapedine areata realizzata con igloo. Successivamente verrà gettato il nuovo solaio e realizzata la nuova pavimentazione previa posa dei nuovi elementi impiantistici. Visto il loro stato di fatto, i solai interpiano verranno completamente rifatti con una nuova struttura in travi in acciaio brunito (posizionate nelle originarie asole d’appoggio del solaio interpiano rimosso) come orditura principale e un tavolato incrociato d’abete o pino a facciavista come orditura secondaria. Contestualmente verrà realizzato un cordolo al piano primo con profilati in acciaio, connessi ai setti perimetrali tramite barre d’acciaio inserite nella muratura in perforazione. Le testate delle travi di piano verranno collegate al cordolo perimetrale attraverso scatole di ancoraggio in acciaio. Verrà inoltre realizzato un cordolo di copertura in acciaio da realizzare in sommità delle murature perimetrali e connesso alle travi lamellari del tetto attraverso scatole di ancoraggio in acciaio. Il collegamento verticale tra il piano terra e il piano primo avverrà attraverso una scala con struttura in acciaio appoggiata ai muri di spina portanti. Anche la struttura del tetto verrà rifatta, con orditura principale in legno lamellare e orditura secondaria a vista. Il manto di copertura delle due falde verrà realizzato in coppi riutilizzando gli elementi provenienti dagli smontaggi, eventualmente reintegrati con elementi di analoga fattura.


Di fatto, la scelta di non riutilizzare la tipologia tradizionale di realizzazione dei solai, o la scelta delle superfici finestrate, è determinata dalla linea conduttrice di intervento che si è deciso di adottare per quanto riguarda l’esistente, che si pone di rendere estremamente riconoscibili gli interventi invasivi o di sostituzione degli elementi, andando per contro a conservare l’immagine esterna dell’edificio attraverso il consolidamento delle parti di intonaco distaccate e non il rifacimento di esse, coerentemente con i principi della pura conservazione.


L’edificio conserverà le dimensioni planimetriche e l’altezza originarie.


 


PROGETTO DELLE UNITA’ ABITATIVE 1 E 2


Dislocamento territoriale. Come detto, le due unità abitative derivate dall’ampliamento del fabbricato originario (ora unità abitativa 0) sono identiche per forma, profilo e volume: differiscono soltanto per la posizione occupata sul fondo, essendo l’unità abitativa 1 più a nord, verso monte, rispetto alla gemella, che invece chiude verso sud l’intero unico edificio. Anche la loro inclinazione rispetto al percorso solare est-ovest è differente; come è possibile vedere dalla planimetria generale, contenute da un sistema di muri di contenimento a gravità realizzati a secco con pietra arenaria sciolta in cestonata, è come se si “richiudessero” l’una verso l’altra, aumentando il senso di unità formale dell’insieme.


Organizzazione degli spazi. Entrambe sono articolate da una geometria cruciforme sviluppata su tre livelli: il piano interrato (pianta rettangolare di 17,60 m x 5,20 m), il piano seminterrato (piana rettangolare quasi del tutto identica a quella sottostante fatta eccezione per un passaggio scoperto che collega il garage alla zona giorno) e il piano terra (pianta rettangolare di 5,00 m x 7,90 m, disposta trasversalmente rispetto alle altre due sottostanti), il più piccolo e meno impattante sul paesaggio dei tre, l’unico completamente fuori terra (vedi tavola 3 e 4 e l’allegato C). Il piano seminterrato, abitabile nella sua interezza, è tale poiché circondato su tre lati da un’intercapedine/trincea areata (parzialmente coperta da grigliati calpestabili di passaggio) larga 2,95 m e alta 3,00 m, che lo avvolge a “C” per oltre il 50% dello sviluppo lineare del suo perimetro esterno; in tal modo si conterrà l’impatto volumetrico dell’unità abitativa sul terreno, nonché l’impatto estetico-visivo sul paesaggio rurale circostante. Oltretutto, il suo volume è dimezzabile per metà rispetto agli standard urbanistici vigenti e allo stesso tempo, grazie all’intercapedine, sono garantiti tutti i requisiti igienico-sanitari dei locali abitabili che esso contiene: una rimessa per automobili con ingresso dalla strada in macadam a raso (senza rampe), l’ingresso, la cucina, l’antibagno e il bagno condivisi, ed il salotto; al piano primo sono poste due camere singole e un bagno condiviso; al piano interrato invece un locale cantina che si apre su un piccolo giardino ipogeo. I tre livelli sono collegati da un corpo scala a ridosso del lato nord delle unità abitative. Dal piano seminterrato, scendendo lungo tale scala si arriva a un ulteriore quarto livello posizionato circa a metà tra il piano interrato e quello seminterrato: qui è collocata la camera doppia padronale, dotata di bagno privato.


Involucro piano seminterrato. Ciò che contraddistingue e allo stesso tempo mimetizza le due unità abitative 1 e 2 è il lungo prospetto sud del piano seminterrato, affacciato sulla vallata sottostante. Si è deciso di rivestirlo con un materiale tipico delle costruzioni rurali ricadenti ora in zona agricola (e di cui è composto anche il fabbricato originario/unità abitativa 0): la pietra arenaria, tipica del luogo, utilizzata però in maniera “alternativa” rispetto alle tecniche tradizionali. Pertanto abbiamo preferito evitare di murare dei conci di pietra più o meno squadrata a mascheramento della struttura in c.a. e della conseguente tamponatura dei vuoti retrostante, poiché crediamo che il risultato in tal senso non possa essere altro che la riproduzione edulcorata di un falso storico sia tipologico che strutturale: l’immagine di un muro portante in pietra senza che lo sia autenticamente, quindi svuotata di ogni senso e significato. Al contrario, la nostra scelta è ricaduta si nell’utilizzo della pietra arenaria a conci, ma collocati a secco (sciolti) all’interno di cestonate (progettate su misura) agganciate al telaio in c.a. della casa. Ovviamente neanche in questo caso tale parametro murario svolge una specifica funzione strutturale; tuttavia è la continuazione dell’immagine, il prolungamento del segno – dal paesaggio circostante alla casa – dei muri di contenimento del terreno progettato, funzionanti a gravità (senza muri in c.a. che compromettano il naturale drenaggio delle acque superficiali e di profondità), e realizzati a secco con pietra arenaria sciolta in cestonata che inglobano circondandolo e scandendolo altimetricamente l’intero intervento: è come se l’intero piano seminterrato si confondesse col muro di contenimento sul sito, scomparendo, e lasciando risaltare il superiore volume del piano terra. La cestonata in rete metallica poi sale oltre il profilo del piano seminterrato diventando semplice parapetto, leggero nella sostanza e alla vista, con impatto minimo sul fronte sud della casa. Oltretutto, la rete della cestonata può diventare il supporto per piante e vegetazione rampicante che col tempo contribuirà a mascherare e confondere ulteriormente l’unità abitativa nel paesaggio.


Involucro piano terra (volume fuori terra). Tale volume è quello che appare più marcatamente sul paesaggio (ovviamente rispetto al piano seminterrato, non al fabbricato originario/unità abitativa 0, che resta il “principale” – vedi allegato C e tavola 0). Si discosta dal piano sottostante, apparendone quasi distaccato nei prospetti laterali, grazie anche al suo involucro intonacato e tinteggiato con tonalità tenue riconducibile all’indaco. Da ricerca fatte sul campo, in archivio e su bibliografia specifica, tale tonalità era molto diffusa nelle case rurali fin dalla fine dell’Ottocento, e soprattutto durante il Ventennio fascista. Oltretutto è una tonalità che tende a confondersi col cielo, contribuendo a smaterializzare ulteriormente il volume fuori terra. Unisce quindi tradizione e funzionalità cromatica, pertanto l’abbiamo adottata e integrata nel nostro progetto.


Copertura. La copertura del volume fuori terra (piano terra) delle unità abitative 1 e 2 presenta la classica doppia falda, disposta longitudinalmente all’asse est-ovest lungo cui si sviluppano entrambe le case, ed è asimmetrica rispetto al suo asse centrale: la falda rivolta a nord è più pendente di quella che guarda a sud. Il manto di copertura invece si compone di coppi antichi, in segno di continuità con la copertura del fabbricato originario/unità abitativa 0 conservato e restaurato.  Anche in questo caso, se guardiamo il fotoinserimento satellitare, vediamo un susseguirsi di tre tetti a falde, il “principale” del fabbricato originario/unità abitativa 0 e i due più piccoli, disposti a scendere verso sud, delle unità abitative 1 e 2 . Sempre guardando all’autentica tradizione dell’edilizia rurale marchigiana, oltre che alla descrizione precedente del nostro fabbricato originario, i spioventi sono stati praticamente annullati, preferendo inserire delle gronde interne alla falda, sottolineando maggiormente la pulizia formale dell’involucro.


Facciamo una piccola digressione: i cornicioni, o li troviamo largamente pronunciati solo nelle case di terra per impedire il dilavamento delle superfici murarie esterne, o, specialmente quelli più articolati e ricchi di modanature[1], il più delle volte rappresentano un’incursione dell’elemento architettonico urbano in territorio agricolo (a dimostrazione della permeabilità di questi due mondi, tutt’altro che compartimenti stagni). Da un attento studio delle tipologie storiche dell’architettura rurale dei territori marchigiani infatti appare evidente come l’uso del cornicione (e di altri motivi ornamentali all’architettura) era strettamente legato alle facoltà economiche del proprietario del fondo. Esso si guardava bene dal risiedere in mezzo alle sue braccia da lavoro, preferendogli di solito il più prossimo centro urbano; tuttavia la costruzione del fabbricato rurale in cui avrebbe abitato poi il mezzadro e la sua famiglia (il caso più frequente), o i braccianti stagionali, incaricati della lavorazione dei suoi possedimenti, era a suo carico: la qualità architettonico-abitativa era quindi legata indissolubilmente alla sua capacità, o volontà, di spesa. Ecco che allora possiamo trovare disseminati nei fabbricati rurali cornicioni, o marcapiani, o stemmi famigliari scolpiti nella pietra, delle più elaborate composizioni, fino ai più umili, dove praticamente il cornicione è assente, se escludiamo la fila di pianelle in laterizio sulla sommità delle pareti perimetrali, leggermente aggettanti dalle stesse, su cui poi si adagiava l’ultimo coppo che con un piccolissimo sbalzo formava lo spiovente (come nel fabbricato originario in oggetto. Nel primo caso abbiamo una riproposizione (economicamente generosa) dei modelli urbani dei palazzi sparsi nei centri urbani limitrofi, specie risalenti ai secoli che vanno dal Quattrocento fino al Settecento[2]. Nel secondo una totale semplificazione dell’ornamento architettonico per motivi economici (specie verso la fine dell’Ottocento)[3], tuttavia autentico poiché frutto della sua destinazione geografica: il territorio rurale, fuori dal centro cittadino, per il quale magari non valeva la pena investire più dello stretto necessario a garantire il buon funzionamento dell’attività economica (e la stretta sopravvivenza delle famiglie lì stanziate). Questo risparmio di denaro ha prodotto un’architettura miserabile, ma che oggi possiamo rileggere come – questa si – autenticamente rurale, figlia delle sue stesse determinanti: la rimozione di qualsiasi ornamento, la riduzione all’osso della tipologia abitativa a quel contesto geografico destinata. Se questo, a suo tempo, equivaleva a miseria e abbruttimento domestico, rileggendolo con gli occhi attuali non possiamo non scorgere paradossalmente la sua intrinseca modernità – ovviamente architettonica – di cui dicevamo prima: linee pulite, superfici semplici, forme chiare e geometricamente “pure”.


Infissi e superfici vetrate. Per le nuove aperture finestrate si procederà come nel caso del fabbricato originario, istallando possibilmente degli infissi tutto vetro a filomuro interno, con telaio a scomparsa dietro al profilo delle murature. Gli scuri saranno realizzati in legno al naturale non trattato (che subisca e porti su di sé il segno del tempo) così come le porte di ingresso alla casa e quella del garage. Come la geometria della pianta delle unità di abitazione 1 e 2, anche l’intero prospetto sud (considerando sia il piano seminterrato che quello completamente fuori terra) si caratterizza per una geometria cruciforme: il muro rivestito dalla cestonata del piano seminterrato precedentemente descritto è interrotto non simmetricamente dall’inserimento di una grande vetrata a doppia anta scorrevole (apribile per metà) che si ripete anche nel prospetto sud del piano terra, coprendolo interamente. Il tema della vetrata è un ulteriore rimando e segno di collegamento all’unità abitativa 0/fabbricato originario conservato e restaurato con il nuovo intervento di pura conservazione che, come descritto in precedenza, si contraddistingue nella tamponatura vetrata “flessibile” della loggia aperta ma coperta, ora spazio permeabile. Le grandi vetrate pertanto scandiscono un ritmo sul paesaggio e contribuiscono a legare ulteriormente il progetto in un unico edificio. Il sistema di schermatura e ombreggiamento solare di tali vetrate consiste in pannelli avvolgibili a rullo in cannucciata di bamboo, resistenti agli agenti atmosferici. Come nel caso delle vetrate a tamponatura della loggia del fabbricato originario, tale scelta è stata suggerita dalle vecchie tamponature delle superfetazioni destinate a demolizione: sia nella tettoia sul lato est del fabbricato originario sia nei vuoti del telaio degli annessi distaccati infatti erano presenti tamponature di fortuna realizzate con cannucciata fluviale. Il nostro progetto prevede il mantenimento di tale elemento significante del paesaggio rurale sotto forma di reminiscenza d’immagine, rielaborata ovviamente con la tecnologia contemporanea.


Struttura. La struttura portante sarà realizzata in cemento armato con telai piani verticali tessuti secondo le due direzioni principali dell’edificio, opportunamente collegati ed interagenti tra loro e fondazioni in travi rovesce. I solai verranno realizzati in latero-cemento, come le strutture di copertura a falda doppia asimmetrica.


 


PERTINENZE


Rimandiamo alle tavole la determinazione delle superfici coperte delle tre pertinenze (una per ogni unità abitativa) e la normativa di riferimento inerente. In questa sede vogliamo solo rimarcare il fondamentale ruolo svolto dall’intera struttura continua e aperta articolata in due pergolati (uno per l’unità abitativa 0 e uno per l’unità abitativa 1) e un gazebo (a servizio dell’unità abitativa 2) nel determinare l’unità di fondo sia dell’intervento che dell’edificio stesso nelle sue tre parti: fabbricato originario/unità abitativa 0 – il principale -, unità abitativa 1 e unità abitativa 2. La struttura unica delle pertinenze sarà la più snella e leggera possibile, coperta da reti atte ad ospitare la vegetazione rampicante, e soprattutto verniciata di grigio antracite: questi accorgimenti la renderanno il più possibile smaterializzata nel suo impatto visivo attraverso questo particolare uso del colore, che di fatto contribuisce a renderla invisibile anche alla lunga distanza, poiché confusa con le scure chiazze d’ombra che punteggiano il paesaggio agricolo-rurale locale.


 


IMPIANTO DI RISCALDAMENTO E PRODUZIONE DI ACQUA CALDA SANITARIA


L’impianto di riscaldamento e il sistema di produzione di acqua calda sanitaria dell’edificio in ristrutturazione saranno costituiti principalmente dai seguenti componenti:


- caldaia a condensazione alimentata a G.P.L. opportunamente posizionata;


- sistema di emissione a radiatori a bassa temperatura;


- regolatori climatici esterni e per singolo ambiente;


- pannelli solari termici per la produzione di acqua calda sanitaria abbinati ad un boiler per l’accumulo   dell’acqua riscaldata dai collettori solari.


 


SISTEMA SMALTIMENTO REFLUI


Tutta la ristrutturazione verrà organizzata secondo le norme igienico sanitarie previste dalle vigenti normative. A tal proposito si allega la autocertificazione dal punto di vista igienico sanitario. In particolare per quanto riguarda lo smaltimento delle acque reflue (bianche, nere e pluviali) lo stesso avverrà mediante canalizzazioni in pvc di adeguata sezione, con reti autonome per acque chiare, nere e pluviali con trattamento dei reflui in due fosse imhoff disposte in serie in modo che le acque nere  dei bagni siano immesse in una prima fossa e che le acque in uscita da questa siano trattate, unitamente a quelle bionde, nella seconda fossa imhoff. I reflui provenienti dalle cucine e dai lavabi saranno preventivamente trattate in apposito pozzetto sgrassatore.


Seguirà un sistema di sub-irrigazione drenata realizzato in trincea sul fondo della stessa proprietà (vedi tavola 0 e relazione geologica) il quale rispetterà le norme della D.C.I. All. 5 del 04/02/1977 (n. 2 trincee drenanti)


Le acque meteoriche dei pluviali verranno canalizzate con fognatura autonoma e  immesse  in appositi pozzi esistenti disperdenti, per il loro  riutilizzo per scopi irrigui e/o di riserva idrica, il tutto al fine di soddisfare il requisito del “risparmio idrico”. In alternativa, dopo opportuna canalizzazione, potranno essere smaltite liberamente nel fondo di proprietà. In ogni caso gli scarichi saranno realizzati a norma  del D.L. n. 152 del 11/05/1999.


 


BARRIERE ARCHITETTONICHE


Ai fini della legge n. 13 del 09-01-89 e successive modifiche ed integrazioni, si precisa che si procederà in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 14 della Legge Regionale n. 3/2002. L’intervento di ristrutturazione rispetterà i criteri di “adattabilità”, così come le due nuove unità abitative (vedi tavole di progetto).


 


ESALATORI E CANNE FUMARIE


La cucina e gli eventuali servizi igienici senza aperture dirette (se previsti), avranno esalatori a tetto (canne aspiratrici) temporizzate.


 


CALCOLO VOLUMI


Vedi tavola 1


 


PARCHEGGI ESTERNI/LEGGE TOGNOLI


Le superfici destinate a parcheggio verranno reperite nello spazio antistante ciascuna unità abitativa come segue:


Volume unita’ abitativa 0/fabbricato originario: 495,05 mc +


Volume unita’ abitativa 1: 211,24 mc +


Volume unita’ abitativa 2: 211,24 mc =


917,53 mc / 10 = 91,753 mq totali destinati a parcheggio esterno (Legge Tognoli)


 


DISPOSIZIONI DI CUI al D.lgs n. 81/2008


L’intervento progettato, viste le sue caratteristiche circa l’entità e la durata dei lavori, nonché la presenza continua di più imprese e/o artigiani, rientra fra le previsioni di cui al D.lgs n. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni. Nei modi e nei tempi previsti dalle vigenti norme, e comunque prima dell’inizio dei lavori, verrà nominato il responsabile dei  lavori e il coordinatore in fase di progettazione e di esecuzione.


 


LEGGE REGIONALE N. 07/2014


Sono previsti e attuati nel sistema di copertura tutti i dispositivi previsti dalla legge regionale n. 7/2014. Il relativo elaborato tecnico sarà allegato al P.S.C. e al FASCICOLO redatti ai sensi del D.lgs n. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni prima dell’inizio dei lavori.


                                     


                                                                                                  Maiolati Spontini, 26 gennaio 2016.


                                                                          arch. Gabriele Marinelli, arch. Gabriele Cardarelli.


 


 


NOTE

[1] Giovanni Marucci, Il linguaggio dell’architettura rurale. Analisi grafica dei tipi, Mierma editrice, Camerino-Pieve Torina 1996. 


[2] “Nel secolo successivo [Settecento], con l’apertura all’esterno dell’economia agricola regionale e conseguente incremento di capitali i maggiori proprietari terrieri, soprattutto nelle aree vallive, procedono al rinnovamento delle costruzioni rurali, oltra che dei loro palazzi di città, introducendo modelli costruttivi maggiormente curati per materiali, decorazioni e finiture, con largo uso di archi, porticati e paramenti a faccia vista in mattoni, eventualmente intervallati da ricorsi di arenaria laddove i luoghi consentono un facile approvvigionamento del materiale. Nel corso dell’Ottocento avvengono numerose trasformazioni che segnano profondamente le campagne marchigiane. L’espandersi di nuove colture come il baco da seta produce nuove tipologie edilizie per l’allevamento dei bachi e, nelle zone più a valle, si sviluppa un tipo architettonico del tutto particolare, riconoscibile per il volume della “bigattiera” emergente dal resto della costruzione. La specializzazione delle colture e l’accumulo di capitali favoriscono una progressiva divaricazione tra le maggiori aziende e le piccole proprietà terriere, soprattutto attestate nelle aree più interne e accidentate, dove anche le costruzioni rurali si impoveriscono progressivamente e lentamente decadono”. Giovanni Marucci, op. cit.


[3] “Da fine Ottocento, prima le difficolta frapposte agli investimenti dall’avversa congiuntura economica e poi la necessità di indirizzarli di preferenza ai fini strettamente produttivi fanno ormai prevalere le sole esigenze aziendali, in vista delle quali si ampliano le stalle e si erigono, in corpi separati, essiccatoi per il tabacco, silos per i mangimi, ripostigli per il crescente parco attrezzi, ma si immiserisce la vera e propria abitazione, riducendola a quelle che, da parte padronale, si presumono essere le modeste esigenze del mezzadro”. Renzo Paci, La casa rurale nelle Marche in AA.VV., Proposte e ricerche della Sezione di storia dell’agricoltura e delle società rurali del Centro di ricerca e di studio dei beni culturali marchigiani, Il lavoro editore, Urbino 1982, p. 13.


 

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    : : : P R E M E S S A : : : Il progetto architettonico, di seguito descritto e presentato nella sua fase preliminare, è stato regolarmente approvato dal S.U.E. (Sportello Unico Edilizia) del Comune di Castelplanio, in provincia di Ancona - il Comune entro cui ricade l'intervento - con parere favorevole della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche regolarmente rilasciato. Tuttavia, a causa di questioni private inerenti la committenza, l'intero progetto...

    Project details
    • Year 2015
    • Status Unrealised proposals
    • Type Landscape/territorial planning / Single-family residence / Multi-family residence / Country houses/cottages / Hotel/Resorts / Tourist Facilities / Interior Design / Recovery/Restoration of Historic Buildings / Restoration of façades / Structural Consolidation / Building Recovery and Renewal / Chalets, Mountains houses / Refuges
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