Camera con vista | Massimo Valente

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La casa si sviluppa su due livelli, praticamente sgombri, e la terrazza.


La particolarità è data dai due affacci con vetrate a tutt’altezza che, quasi fosse un tunnel, ne fanno un cannocchiale sul paesaggio romano da Est a Ovest.


In altre occasioni ho evidenziato la difficoltà di lavorare su superfici geometricamente incoerenti, in questo caso invece, l’unità immobiliare si presenta costituita da due rettangoli, o meglio ancora da due parallelepipedi svuotati, essendo le superfici di testata trasparenti,  dove, se non fosse per la parete che abbraccia le colonne della cucina, tra l’altro non indispensabile, lo spazio si disgiunge e distribuisce esclusivamente per mezzo degli arredi.


L’unica anomalia è la protuberanza del bagno e della fascia dei servizi che tuttavia, in virtù del loro proprio arretramento e autonomia rispetto alla linea della parete di ingresso, si affrancano lasciando libero lo spazio del soggiorno.


Verso la terrazza che guarda er cupolone la parete curva, come fosse un’abside, piega la lettura dello spazio che quasi come in un circuito, riporta seguendone la linea immaginaria, verso la cucina.


La scala è una vera e propria scultura che da sola basterebbe ad organizzare lo spazio ed a proiettare verso l’alto, annodandosi su se stessa, i tre piani della casa.


Come negli spazi a doppia altezza dove è la comprensione dei diversi livelli a definire la qualità dello spazio,  la relazione tra questi è enfatizzata da un taglio sul solaio all’interno del quale è stato posizionato un acquario.


La luce che filtra attraverso di esso, muove tutta la casa in una vibrazione che porta, in senso heideggeriano, il cielo [e l’acqua] sulla terra.


A questo livello, allo sviluppo longitudinale si contrappone il blocco dispensa-frigo-forno che identifica lo spazio della cucina come separato dal soggiorno, e su di esso, si poggia timidamente in tangenza, quasi a sfiorarlo, la scala.


Come ho cercato di spiegare in Vitae, l’isola della cucina, con la sua parte terminale che viene utilizzata come tavolo, unico tavolo, si pone come trait d’union e determina un senso di appartenenza ibrido tra le due funzioni specifiche.


Lo spazio di lavoro, preparazione-cottura-lavaggio, si orienta verso l’altra terrazza che si propone come una protesi dello spazio interno.


La grande parete libera che connette i due esterni, e rende unico l’interno, è stata pensata come una grande superficie espositiva.


La partenza della scala è stata oggetto di grande attenzione; inizia immediatamente a ridosso della porta d’ingresso, quasi a suggerire un percorso preferenziale verso la zona notte, e questo consente di liberare lo spazio di passaggio, per non battere la testa, nella sua proiezione sul soggiorno.


Piroettando su se stessi si raggiunge il secondo livello, con lo sguardo verso il cielo ma dirottato verso il controcampo esterno con lo sbarco in una zona che ancora non appartiene alla stanza da letto, piuttosto un altro piccolo luogo, dove una coppia di sedie Barcellona suggerisce la lettura di  un libro o di lavorare al computer.


Se al primo livello era la parete contenitore a funzionare da limite, qui è solo un segno a terra a identificare, nella totalità dello spazio, la divisione tra questo e la camera da letto; l’acquario per l’appunto.


Il doveroso senso di protezione negato dalla posizione del letto inserito al centro della stanza, in uno spazio privo di “angoli”, è risolto in una ricerca approfondita che ha portato alla scelta di una configurazione a conchiglia, che ispira comunque l’idea di avere una testata, in qualche modo, protetta.


Fisicamente invece la zona del bagno è separata per mezzo dell’armadio bifacciale, lungo la cui pertinenza troviamo la doccia, posta sopra all’acquario, come a voler immaginare che l’acqua defluisca in esso.


La soluzione consente di sganciarla dal contesto del bagno, che incolonnato su quello precedente, risulta a questo livello di dimensioni limite.


Proseguendo in senso verticale si arriva al solarium.


Questa volta la direzione di sbarco riporta lo sguardo verso un panorama che abbraccia tutta Roma, a perdita d’occhio verso il Gianicolo, i Castelli fino ad immaginare la linea del mare.


La sensazione di galleggiamento è percepita grazie al distacco tra la pedana e la linea del parapetto per mezzo di uno spessore che consente anche di avere una quota per la piccola piscina in mosaico che si proietta anch’essa sul paesaggio.


Questa, allineandosi con il volume della scala,  identifica un sistema che si isola dal solarium e ricostruisce il medesimo cannocchiale prospettico dei livelli sottostanti.


Defilato sulla destra troviamo uno spazio di servizio per gli arredi, uno spogliatoio e la doccia privata.


Alla parete in legno che lascia un senso di permeabilità si contrappone una finestra sul paesaggio che lascia, alla quota di seduta, la doverosa privacy richiesta dalla presenza, su quel lato, di altri edifici.

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    La casa si sviluppa su due livelli, praticamente sgombri, e la terrazza. La particolarità è data dai due affacci con vetrate a tutt’altezza che, quasi fosse un tunnel, ne fanno un cannocchiale sul paesaggio romano da Est a Ovest. In altre occasioni ho evidenziato la difficoltà di lavorare su superfici geometricamente incoerenti, in questo caso invece, l’unità immobiliare si presenta costituita da due rettangoli, o meglio ancora da due parallelepipedi...

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