Museo della Ceramica | Armellino & Poggio Architetti Associati

MUSA – Museo d’Arte di Palazzo Gavotti Savona / Italy / 2014

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Autori del progetto di restauro sono stati Armellino & Poggio Architetti Associati, lo Studio di Architettura Fallucca e l’Architetto Marco Ricchebono, chiamati dalla Fondazione A. De Mari alla ridefinizione degli spazi individuati per ospitare il nuovo museo sia dal punto di vista strutturale sia allestitivo.

Conservazione e recupero delle parti originarie dell'edificio

L’ubicazione del museo all'interno del quattrocentesco Palazzo del Monte di Pietà ha infatti reso necessaria l’adozione di soluzioni architettoniche indirizzate in primis alla conservazione e al recupero delle parti originarie rimaste ad oggi nell'edificio. Sono stati infatti inseriti nuovi elementi architettonici allestitivi, dalle linee e dai materiali contemporanei – in primis acciaio e vetro, pensati per dar vita a una soluzione originale che allo stesso tempo non interferisse con la storicità dell'edificio e che, anzi, fosse in grado di valorizzarla.

Collegamenti lineari
Dal punto di vista più strutturale invece, una peculiarità del progetto è stata la realizzazione di collegamenti verticali interni che hanno generato un percorso di visita lineare fra tutti e quattro i piani. Fondamentale è stata inoltre la realizzazione del collegamento con la Pinacoteca Civica, ospitata nell'adiacente Palazzo Gavotti, al fine di creare un unico percorso di visita, fruibile in maniera integrata o singolarmente.

Il collegamento tra i piani quarto, terzo e secondo del Museo della Ceramica è stato ottenuto inserendo una scala di struttura metallica volutamente moderna ed essenziale. I piani terzo e quarto, situati nell'area nord, ospitano le sale di maggiori dimensioni, caratterizzate da una debole illuminazione naturale. Per superare questa situazione non ottimale, è stato attuato un taglio a doppia altezza nel fianco nordovest (che include i piani terzo e quarto e il settore di copertura soprastante) delimitato da una grande vetrata strutturale continua, verticale e inclinata secondo la falda nella quale si inserisce.

Continuità e uniformità dell’intervento
Il Palazzo del Monte di Pietà presentava inoltre una forte eterogeneità nelle tipologie di pavimento originarie, frutto delle numerose modifiche susseguitesi nel Novecento. I progettisti hanno pertanto optato per un intervento sotto l'egida dell'uniformità inserendo in tutti gli ambienti una pavimentazione uniforme in pasta di resina a superficie continua di colore grigio chiaro. Questa soluzione progettuale ha contribuito a garantire la continuità delle superfici e, contemporaneamente, a valorizzare al massimo gli oggetti ceramici esposti nella loro varietà cromatica. Lo stesso principio di continuità e uniformità è stato applicato sulle pareti interne, tinteggiate uniformemente a tonalità chiara. La facciata ottocentesca, restaurata e ripristinata nelle modanature a rilievo e nelle tinte, è stata valorizzata da un elemento di forte impatto visivo e di richiamo alla ceramica: sulle tende a rullo interne ad ogni finestra viene riproposta esternamente l'immagine in serigrafia di un piatto in maiolica frammentata nelle singole aperture, la cui visuale completa è godibile dalla piazza antistante.

Un’esposizione ispirata agli antichi sistemi di collocazione
La ristrutturazione è stata concepita in relazione alla natura dei pezzi ceramici, molti dei quali avevano bisogno di un'esposizione a carattere aggregativo. Per questo motivo, la formula espositiva adottata ha richiamato per assonanza gli antichi sistemi di collocazione: ad esempio, i vasi da farmacia sono stati allineati e affiancati per tipologie all'interno di scaffalature aperte o chiuse da ante vetrate; il sistema di scaffalature a nicchie, serialmente ripetibile per aggregazioni orizzontali e verticali, ha invece permesso raggruppamenti a diversa composizione. Il modulo è stato adottato per esporre le due principali collezioni: i vasi da farmacia dell'Ospedale S. Paolo, concentrati in un locale al secondo piano, che occupano con la scaffalatura l'intero perimetro delle pareti, da pavimento a soffitto, ricreando lo spazio e le proporzioni di un’antica farmacia; mentre gli oggetti di varia tipologia della collezione Boncompagni-Ludovisi sono ospitati entro un'analoga “scaffalatura” a due piani in acciaio inox e vetro, collocata all'interno del grande vano a doppia altezza del salone al secondo piano. Una sorta di “macchina espositiva” percorribile al suo interno.

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