TORNARE AL FUTURO, ABITARE CON LA NATURA / back to the future, living with the nature | ARCHITETTURA MATASSONI

MOSTRA DI ARCHITETTURA 7-17 febbraio 2014, presso lo spazio dell'A.I.A.C. a Roma Rome / Italy / 2014

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MOSTRA DI ARCHITETTURA AD INTERNO 14 LO SPAZIO DELL'A.I.A.C. A ROMA IN VIA CARLO ALBERTO 63, CURATO DA ROBERTA MELASECCA CON LUIGI PRESTINENZA PUGLISI, DAL 7 AL 17 FEBBRAIO 2014


 


“…..L’architettura, nella sua essenza, è astratta, indeterminata, indefinibile come la vita stessa. Io la immagino come una continua ricerca per i più fondamentali e totali bisogni umani relativi al rifugio: emotivi, psicologici, come pure meramente fisici ….”


John Lautner


“….Lo spazio architettonico è simile al movimento dell’acqua. Ha una velocità, ci sono correnti trasversali di movimento, sbalzi in avanti o verso l’alto, può colare ad un punto morto, può essere profondo e largo, o poco profondo e ancora, può gorgogliare con l’unione di affluenti, si può agitare, saltare verso l’alto o cadere precipitosamente, l’acqua può essere fotografata, lo spazio non può, se non in una tempesta di polvere…..”


Paul Rudolph


 


L’architettura contemporanea procede ancora sulla stessa linea evolutiva di quella moderna o ha assunto alcuni caratteri divergenti rispetto alla lezione dei maestri del novecento? La posizione ideologica dalla quale nasce questa “ipotesi di rifugio contemporaneo” si può riassumere nel tentativo di fornire una risposta; si tratta infatti di un progetto che assume i propri chiari riferimenti nell’architettura miesiana e wrightiana portandoli fino alle estreme conseguenze e, declinandoli in chiave contemporanea cerca un incontro con l’attuale filone linguistico “oggettuale”. Un’operazione sintetica dunque che richiede un certo distacco critico rispetto alle lusinghe formalistiche che ci vengono proposte quotidianamente dato che la ricerca plastica, spesso spinta oltre un certo limite dall’architettura contemporanea, tende a produrre risultati che in parte negano i punti di arrivo del movimento moderno. Non raramente da un approccio scultoreo estremo, conseguono forme compatte e chiuse definite da superfici continue da cui deriva fatalmente una parziale rinuncia all’idea di fluidità spaziale totale tra interno ed esterno conquistata dell’architettura del novecento: il volume viene trattato come un “pieno” più che come uno spazio o un vuoto dotato di una pressione interna capace di generarne il contenitore. In quest’ottica quindi, il progetto è il risultato della ricerca di un modo in cui poter produrre un’architettura dotata di grande libertà espressiva e nello stesso tempo, perfettamente coerente con i valori della modernità. Il linguaggio utilizzato trae spunto da campi diversi e distanti tra loro evocando immagini naturalistiche o ingegneristiche ma, aldilà dell’elemento lessicale si tratta di forme “fratturate” che nonostante ciò, cercano una coerenza ed un ordine superiore d’insieme; un’architettura “aperta” quindi, in cui la frammentazione dell’involucro viene assunta anche come scelta strategica in grado di donare all’architettura un calibrato rapporto con la scala umana. Gli spazi si propagano, fluiscono liberamente e vengono definiti, organizzati e incanalati dal guscio opaco indipendentemente ed in maniera autonoma rispetto alla geometria dei diaframmi trasparenti che distinguono materialmente “il dentro dal fuori”. In altre parole le superfici che definiscono la forma architettonica assumono il ruolo di contenitore dello spazio percepito e limite psicologico che non coincide più con il limite fisico tra interno ed esterno. Coerentemente con la volontà di non compromettere l’effetto di permeabilità spaziale, la necessaria specializzazione funzionale tra i vari ambienti non viene perseguita attraverso l’utilizzo di brutali separazioni o diaframmi netti che avrebbero interrotto gli assi ottici profondi, ma articolando i piani orizzontali; la cucina e la zona pranzo sono incassati rispetto al piano principale e da essi, come da una trincea, lo sguardo può scorrere verso l’esterno guidato dal piano del pavimento. In conseguenza di questa impostazione aperta dello spazio, si generano ambienti generalmente privi di una destinazione funzionale rigida che sono finalizzati ad una vivibilità più naturale e senza schematismi fissi. Non esistono spazi dedicati esclusivamente alla distribuzione dei movimenti ma semmai, “spazi filtro” dall’uso flessibile come quello interposto tra la zona giorno e la zona notte, le cui variazioni altimetriche consentono anche di attenuare l’impatto dei collegamenti verticali, frammentandoli e allungandone lo sviluppo. Questa “ipotesi di rifugio contemporaneo” è solo un pretesto per proporre un’architettura che con i suoi forti aggetti, le zone protette e l’effetto speculare delle superfici liquide, intende evocare sottilmente la memoria inconscia del rifugio ancestrale che alberga in ogni essere umano, non attraverso metafore dirette, ma agendo ad un livello di percezione profondo, nel tentativo di delineare i caratteri di un’architettura “naturale” più vicina alla spiritualità umana.

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    MOSTRA DI ARCHITETTURA AD INTERNO 14 LO SPAZIO DELL'A.I.A.C. A ROMA IN VIA CARLO ALBERTO 63, CURATO DA ROBERTA MELASECCA CON LUIGI PRESTINENZA PUGLISI, DAL 7 AL 17 FEBBRAIO 2014   “…..L’architettura, nella sua essenza, è astratta, indeterminata, indefinibile come la vita stessa. Io la immagino come una continua ricerca per i più fondamentali e totali bisogni umani relativi al rifugio: emotivi, psicologici, come pure meramente fisici ….”...

    Project details
    • Year 2014
    • Work started in 2014
    • Work finished in 2014
    • Main structure Reinforced concrete
    • Status Temporary works
    • Type Single-family residence
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